Il dna di una donna vissuta 20mila anni fa è stato estratto dal monile che indossava
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Il dna di una donna vissuta 20mila anni fa è stato estratto dal monile che indossava | Wired Italia


Per le forze dell’ordine, un cold case può avere qualche decina di anni. Per un archeologo, anche 20mila. E grazie alle più recenti tecniche di analisi del dna, ormai persino questi misteri preistorici possono essere risolti. È il caso di un antico ciondolo in dente di cervo rinvenuto in una grotta siberiana nel 2019, che grazie a una nuovissima tecnica di estrazione del Dna ha rivelato agli scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipzia l’identità della sua proprietaria, una donna vissuta nel nord dell’attuale Russia tra i 19 e i 25mila anni fa.

L’importanza della scoperta

Si tratta di una scoperta particolarmente interessante per archeologi, etnologi ed esperti di dna antico. Non tanto per le informazioni ottenute sulla donna, quanto piuttosto perché dimostra l’efficacia di una nuovissima tecnica di estrazione e di analisi genetica che permette di ottenere frammenti di dna utili per il sequenziamento da qualunque manufatto realizzato con ossa o denti, senza danneggiarlo. Per questo motivo – scrivono i suoi inventori su Nature – ha il potenziale di rivoluzionare le nostre attuali conoscenze sulle popolazioni che abitavano il pianeta durante la preistoria.

Fino ad oggi, infatti, quando un archeologo trovava un reperto antico era impossibile stabilire quali caratteristiche genetiche avesse la cultura che lo ha prodotto, a meno di trovare nello stesso sito anche dei resti umani da cui estrarre il dna. Con la tecnica inventata dagli scienziati tedeschi, invece, è possibile ottenere il materiale genetico depositato su un oggetto dalle persone che lo hanno maneggiato migliaia di anni fa. A patto che questo sia fatto di un materiale poroso, capace di custodire al suo interno frammenti di pelle, sangue o sudore, preservandoli nel tempo.

Come funziona la tecnica

In qualche modo, il nuovo metodo funziona come una lavatrice: i reperti vengono lavati a circa 90 gradi di temperatura con uno speciale mix di reagenti in modo da estrarre tutti i frammenti di materiale genetico custoditi al loro interno, che vengono poi isolati e identificati nei fluidi utilizzati per il lavaggio. Perché funzioni, è quindi necessario che i reperti non siano stati contaminati eccessivamente al momento della loro scoperta. E infatti, i primi tentativi degli scienziati tedeschi, realizzati utilizzando manufatti scoperti negli anni ’90, sono risultati infruttuosi, perché le procedure dell’epoca non prestavano particolare attenzione al rischio di contaminazione biologica dei reperti, e il dna identificato apparteneva preponderantemente alle persone che li hanno maneggiati negli ultimi decenni.

Il pendente in osso utilizzato nel nuovo studio è stato invece portato alla luce nel 2019 all’interno della famosa grotta di Denisova, un importante sito archeologico siberiano, da due archeologi russi che hanno prestato molta attenzione a non maneggiare a mani nude il reperto. E una volta analizzato con la nuova metodica, ha permesso di isolare senza problemi il Dna della sua antica proprietaria preistorica. Analizzando il dna mitocondriale umano trovato nel monile, i ricercatori hanno potuto datare la sua creazione attorno ai 19-25mila anni fa, senza bisogno di ricorrere ad una metodica distruttiva come la datazione al carbonio 14.

Cosa ci racconta il dna

Il materiale raccolto ha rivelato inoltre che il pendente è stato indossato nel lontano passato da un individuo di sesso femminile, il cui patrimonio genetico è risultato molto simile a quello della cosiddetta mistura dell’antica Eurasia del nord (Ancient North Eurasians), identificata fino ad oggi in alcuni scheletri coevi portati alla luce in una zona più orientale della Siberia. Rispetto alle popolazioni attualmente presenti sulla Terra, invece, i parenti più prossimi in termini genetici sono risultati i nativi americani.

In futuro, gli scienziati tedeschi sperano di poter applicare la loro tecnica a molti altri reperti realizzati con denti e ossa di animali, e di contribuire così a migliorare le nostre conoscenze delle antiche popolazioni che abitavano la Terra nella preistoria, dei loro spostamenti e di come hanno contribuito a produrre il nostro attuale mix genetico.



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di Simone Valesini www.wired.it 2023-05-05 04:30:00 ,

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